[Di Kevin Carson. Originale pubblicato su Center for a Stateless Society l’otto ottobre 2016 con il titolo The Authoritarian Right is Naive About Human Nature. Traduzione di Enrico Sanna.]
Avete mai notato l’ironia insita nel fatto che quegli stessi che dichiarano la propria sfiducia verso uno stato forte (“Amo il mio paese ma temo il mio governo”) si schierano senza esitazione dalla parte della polizia e contro Black Lives Matter? Sono persone che generalmente adorano la mentalità insita nel fatto che la polizia può, se occorre, trasgredire alle leggi per “fermare i criminali”. Mi sono ricordato di questa contraddizione quando ho letto il commento del 3 ottobre su Twitter di Ami Angelwings a proposito del telefilm Law & Order. Secondo Ami, Jack McCoy è “il più grande criminale della televisione”:
Fa condannare le persone distorcendo o addirittura infrangendo la legge, dichiarando il falso, nascondendo prove e fregandosene della costituzione… Per incastrare qualcuno contro il quale non ha prove ma che “sa” che è colpevole, McCoy cerca continuamente di soffocare le tutele costituzionali. Per evitare che una persona venga scarcerata sulla parola, Jack cerca di farlo internare in un manicomio a tempo indefinito sostenendo che la criminalità è una malattia mentale…
Le prime cinque stagioni di Law & Order, attorno all’idea di un sistema che funziona, sono essenzialmente propaganda della polizia per i liberal, quelle fino alla ventesima sono per i conservatori. Gli episodi più recenti mi hanno portato ad avere paura della polizia e dei pubblici ministeri, vista la loro scorrettezza, la corruzione e la tendenza ad andare contro tutte le leggi.
All’inizio tutti sono benintenzionati e lavorano duro, stanno dalla parte dei deboli e rispettano le minoranze. Non mettetevi contro la polizia perché è buona ed è vostra amica. Poi tutto cambia, gli oppressi fanno di tutto per fregare il sistema con il favore della legge. Polizia e magistrati sono costretti ad infrangere tutte le regole, mentire, imbrogliare e nascondere le prove se vogliono fermare le canaglie che, se solo potessero, ucciderebbero tutti…
Trovano una prova, ci costruiscono attorno un teorema, e torchiano il sospetto durante l’interrogatorio cercando di convincerlo ad attenersi al copione. Quando il sospetto si rifiuta, ecco che lo arrestano comunque, e quando Jack scopre di avere prove insufficienti, se non nessuna prova, per processarlo, ecco che monta un casino.
Mi è capitato tante volte di sentire persone normali giustificare l’atteggiamento del tipo descritto da Ami. “A che serve inventare storie,” dicono, “se la polizia sa che uno è colpevole e basta tirar fuori le prove per metterli dentro?”
Questo discorso, diffuso nei media popolari, risale almeno agli anni settanta. Come sostiene Richard Moore (Escaping the Matrix, Whole Earth, Summer 2000):
questo genere televisivo, o cinematografico, è servito a creare una realtà in cui i “diritti” sono una barzelletta, gli imputati sono spregevoli sociopatici, e un criminale viene portato davanti alla giustizia solo quando un poliziotto o un procuratore dal cuore nobile forzano un po’ le regole. Gli uomini di governo rafforzano il senso con le loro dichiarazioni di “guerra” al crimine e alla droga; il poliziotto dal cuore nobile combatte una guerra per strada: e non si può vincere una guerra senza usare gli stessi sporchi trucchi del nemico… Così gli americani sono stati convinti ad accettare gli strumenti della loro stessa oppressione.
Quegli stessi che parlano di “conseguenze non volute” e di irrazionalità nel contesto della politica governativa, danno per scontato che la polizia abbia l’assoluta epistemologica certezza riguardo il colpevole, e non prendono affatto in considerazione la possibilità che sbagli. Apparentemente, non si chiedono mai come è possibile che qualcuno “semplicemente sappia” qualcosa senza averne la prova concreta e oggettiva; non prendono in esame la possibilità che “l’istinto viscerale” del poliziotto sia influenzato da pregiudizi mai contrastati.
E oltre a confidare nelle capacità cognitive del poliziotto, dando per scontato che non possa in sincerità sbagliarsi riguardo la colpevolezza di qualcuno, vedono in lui una persona eccezionale in termini di etica e di affidabilità: semplicemente pensano che un poliziotto non mentirebbe mai per far condannare qualcuno che sanno che è innocente, né per ragioni personali né dietro pressioni politiche provenienti da chi in alto spinge perché si puniscano i nemici politici. Per questo sono convinti che un poliziotto che dice bugie per far arrestare un “criminale” non possa mentire anche davanti al pubblico per coprire i propri errori. Vedi, ad esempio, il caso del poliziotto ripreso mentre sparava ad un nero disarmato per poi mettergli un’arma in tasca.
La loro stessa nozione di “crimine” è incoerente. Le carceri sono spesso descritte come “scuole del crimine”. Ma quando vediamo che la cultura del rispetto della legge insegna e incita gli agenti a commettere dietro le scene quelle illegalità descritte da Ami riguardo Law & Order, allora capiamo che le forze di polizia sono scuole del crimine di dimensioni tali da far impallidire qualunque carcere. Se il concetto di “legge” significa qualcosa, nel senso di un corpus giuridico costituzionale, statutario, basato su precedenti e applicabile universalmente, allora i poliziotti e i magistrati di Law & Order (assieme ai poliziotti e ai magistrati veri che fanno la stessa cosa tutti i giorni in tutta l’America) sono criminali, tanto quanto (se non di più) le persone che sbattono in galera facendo a pezzi la legge.
Rimane la convinzione, da parte dei conservatori intransigenti che credono in un “governo debole”, che (parafrasando Nixon) “non è un crimine se lo fa un’autorità”.
Ugualmente, in politica estera, queste stesse persone che dichiarano di non fidarsi dello stato dicono che “la politica si ferma sul confine”. Il presidente può anche essere un politico corrotto, ma il “Comandante in Capo” rimane il vicario di Dio in terra. Basta guardare come Sean Hannity, agli inizi della guerra in Iraq, si offese perché Ted Kennedy “accusò il comandante in capo di mentire… in tempo di guerra!”
L’ironia al centro di tutto ciò è che i difensori della polizia e delle truppe amano definirsi realisti duri e puri, sbeffeggiano le persone di sinistra come ingenui dal cuore debole che “non capiscono la natura umana”. Questi sono gli stessi che danno carta bianca ai tutori dell’ordine e ai sostenitori dello stato di guerra, e poi si scandalizzano alla sola idea che la polizia o i militari possano mentire. Dicono di diffidare dello stato, che lo stato serve interessi corrotti. Ma basta dire che forse la polizia non serve a proteggerci dal crimine e dalla violenza, e che le truppe forse non “combattono per la nostra libertà”, ma forse hanno la funzione strutturale di proteggere gli interessi privati corrotti serviti dallo stato, che subito svengono.
Queste persone, che si considerano “il partito della testa”, si bevono il mito de “il poliziotto Dan è il tuo amico”, roba da fumetti per bambini degli anni cinquanta. Abboccano alla propaganda ufficiale di un’America entità “eccezionale”, il Cristo delle nazioni, che alimenta il mondo con la sua generosità e promuove libertà e democrazia come nessun altro nel corso della storia; mentre in realtà l’America ha dietro a sé una scia di invasioni, colpi di stato, squadre della morte e del terrore, tutto per difendere gli interessi delle multinazionali, come nessun altro paese nel corso della storia. Questi “convinti realisti”, che sostengono di “diffidare dello stato”, si fidano invece di chi ha il potere in mano, ovvero le armi che rendono stato lo stato, con la credulità di un bambino di tre anni seduto sulle ginocchia di Babbo Natale in un centro commerciale.
Una grossa fetta della costituzione americana è riservata alle restrizioni al potere presidenziale in questioni belliche, e, negli emendamenti IV-VI, al dovuto processo come argine alla discrezionalità nell’applicazione della legge. Come dice Madison, se gli esseri umani fossero angeli non ci sarebbe bisogno di restrizioni (né di costituzioni, se è per questo). Solo un “convinto realista” può credere che un essere umano diventi improvvisamente un angelo, di cui fidarsi e dal potere incontrastato, semplicemente indossando un’uniforme.
Mi è capitato tante volte, da anarchista e socialista, di sentire persone di destra che mi accusano di essere “ingenuo”, e di “non capire la natura umana”. Lo stesso discorso riguardo la “natura umana” viene dai liberal, che dimostrano il loro realismo considerando gli abusi di potere “errori” da correggere con una “riforma”, e non qualcosa di sistemico e strutturale.
Siamo noi anarchisti ad essere i veri realisti. Noi capiamo la natura umana bene abbastanza da sapere che il potere sarà sempre abusato. Lo stato, per natura, è il braccio esecutivo di una qualche classe minoritaria di governo; e chi crede che possa essere qualcosa di diverso è disperatamente ingenuo.