Questioni di Interesse

Di Anon. Originale: A Story of Interest, del 31 gennaio 2024. Traduzione italiana di Enrico Sanna.

Prima di spiegare la mia vicenda, voglio precisare inequivocabilmente una cosa: oggi i governi occidentali favoriscono, fino alla complicità, l’eccidio dei palestinesi da parte di un governo israeliano estremista con intenzioni espressamente genocide. Quello che posso fare al riguardo è pochissimo, ma sarei moralmente in errore se ignorassi la realtà e non facessi niente per oppormi alla pulizia etnica del popolo palestinese attualmente in corso. E poi disonorerei i miei padri, che hanno rischiato la propria vita nella lotta contro altre violenze genocide del passato. Ora, dato che quel poco di potere che ho viene dal mio debito studentesco, dichiaro che non renderò neanche un centesimo ad un governo che è parte attiva della vergognosa carneficina che sta avendo luogo a Gaza. Non m’importa se il governo vende una portaerei o se risparmia qualche soldo non mandando sistemi JDAM da far piovere sui bambini. Non riconosco obblighi morali verso un debito contratto con quelle istituzioni che commettono crimini e atrocità contro l’umanità. Qualcuno adesso penserà che sto sfruttando l’attuale conflitto per evitare convenientemente di pagare il mio dovuto e vivere a sbafo, ma non è così. Ecco come ho utilizzato i nostri soldi:

Del prestito, circa 30 mila dollari, al netto delle tasse, sono stati donati come atto di protesta contro il nostro sistema economico e politico malato. Lo stato dispone tasse e piani infrastrutturali che servono unicamente a incanalare il denaro verso l’alto, verso i più ricchi, persone o aziende; per questo ho deciso di prendere parte dei fondi per l’istruzione e di ridistribuirli a persone e comunità che ne hanno bisogno. Ecco un breve elenco dei programmi a cui ho dato un aiuto finanziario:

• Serre comunitarie

• Orti comunitari

• Librerie di strumenti

• Un centro comunitario

• Educazione artistica per studenti in scuole sottofinanziate

• Un rifugio per i senzatetto

• Consulenza per la violenza giovanile

• Fiere dell’artigianato a sostegno di artigiani e artisti indipendenti

• Mostre artistiche comunitarie

• Laboratori di educazione e condivisione delle capacità

• Giornalismo locale

Ad ogni progetto ho donato tra i 300 e i 5 mila dollari. In più ci sono le microdonazioni, così tante che non posso elencarle tutte. Il mio era un atto cosciente di protesta, sentivo che avrebbe avuto conseguenze significative per me. Oggi il mio debito assomma a 80 mila dollari, e sinceramente non sarà mai reso. Vi racconto come sono arrivato a prendere la decisione di sacrificare la mia sicurezza finanziaria.

Sono un accademico ben avviato. Detto genericamente, studio le relazioni tra organizzazioni sociali e ambiente. Credo nell’importanza della materia e ho un importante curriculum di pubblicazioni. Ancora più importante, per me, è il mio ruolo di docente. Credo che la mia professione aiuti i giovani a diventare adulti indipendenti e cittadini. Ho grandi capacità, da quattro anni insegno nelle cinque università più quotate nel mondo. Il mio salario però è appena sopra il livello della povertà. Quattro degli ultimi sei anni li ho vissuti come senzatetto non registrato (tra divani, mansarde e ripari all’aperto). La ragione del mio basso salario è nella svalutazione sistemica nonché nella precarizzazione dell’insegnamento universitario. A dir molto, mi pagano un quinto delle ore lavorate: preparazione, incontri, cura pastorale e spese burocratiche non rientrano nella paga. A conti fatti, le ore pagate rispetto a quelle lavorate sono circa un decimo se si considerano altri obblighi come le pubblicazioni, le revisioni paritarie e le conferenze. A ciò si aggiungono decenni di politiche che hanno gonfiato artificialmente i costi dell’alloggio, così che oggi vivo praticamente alla giornata. Essendomi laureato nel 2008 e avendo terminato il dottorato nel 2020, si può dire che la mia esperienza accademica si è svolta durante la crisi globale.

Ho terminato la tesi poco prima dello scoppio della crisi finanziaria mondiale. Venendo da una famiglia monoparentale con scarse finanze, ho dovuto lavorare per mantenermi agli studi. Mi sono laureato senza debiti con un voto tra i più alti nella mia classe. Dopo aver imparato elementi di costruzione, ristrutturazione e risanamento alle superiori, durante il corso di laurea breve sono diventato artigiano qualificato. Ero giovane quando è scoppiata la crisi, il lavoro era pagato anche quindici dollari l’ora, più spesso dieci. Ho lavorato per gran parte di un quinquennio con l’acqua alla gola e sovraccaricando il mio fisico. Finché non mi sono stancato e ho deciso di prendere la specializzazione presso l’università statale più vicina. Pur svolgendo due lavori durante gli studi, sono riuscito a scrivere una tesi che mi ha dato accesso alle migliori università del mondo grazie ad una borsa di studio. È stato allora che ho deciso di chiedere un prestito studentesco per donarlo quasi tutto (ho tolto alcune spese relative all’istruzione). Vi spiego perché l’ho fatto e perché sono disposto ad accettarne le conseguenze.

In questi ultimi vent’anni, ho visto gli Stati Uniti imbarcarsi in numerose guerre illegali (di cui la guerra contro l’Iraq è l’esempio più clamoroso). Lo stato ha speso oltre ottomila miliardi di dollari in guerre disastrose, che hanno destabilizzato intere aree e traumatizzato moltissime famiglie, e che hanno portato benefici solo per l’industria delle armi e gli appalti militari. Allo stesso tempo, ci sono stati tagli fiscali per oltre seimila miliardi, il 65% dei quali sono andati a beneficio del 20% della società (il 40% circa al 5% più ricco). Oltre mille miliardi sono serviti a salvare grosse istituzioni finanziarie, o sono stati buttati in industrie fallite e piani governativi. Vedevo la mia famiglia e amici miei che perdevano casa e sostentamento a causa di frodi sistemiche, ho visto come gli 831 miliardi dell’American reinvestment act venivano usati per cose come rifare il fondo di campi da tennis, piantare alberi negli spartitraffico, oppure finivano nelle tasche di persone e aziende ben posizionate sotto forma di mancia politica. Per dieci degli ultimi quattordici anni, gli interessi a livello federale sono rimasti attorno allo 0,25% (arrivando al massimo al 2,5%). Grosse istituzioni bancarie e aziende si sono servite di questi bassi tassi per fare incetta di beni come gli alloggi, ma anche per acquistare le loro stesse azioni e incrementarne artificialmente la quotazione. Intanto gli studenti pagavano tra il 4,99 e il 7,54 percento di interesse per i prestiti di studio. Mentre i super ricchi nascondono il malloppo in conti all’estero, infermieri, insegnanti, assistenti sociali, scienziati e moltissimi altri affondano nel pantano del debito. Insomma, quello dei prestiti è un sistema rapace legato indissolubilmente a un’economia marcia, sostanzialmente un sistema mafioso a vantaggio dei super ricchi.

Il mio, insomma, è un atto di protesta contro un sistema politico e economico che toglie ricchezza alla maggioranza e concentra potere finanziario nelle mani di una minuscola élite. Tassi di interesse di favore per le aziende e i super ricchi, privatizzazione delle infrastrutture sociali e denaro destinato all’assistenza sociale utilizzato per assistere grandi aziende producono un monopolio elitario dell’offerta monetaria. E quelli che, come noi, non fanno parte dei privilegiati ma hanno capacità e voglia di svolgere attività assistenziali e culturali come l’insegnamento e l’assistenza sono costretti a indebitarsi fino all’osso semplicemente per avere il titolo di studio necessario per svolgere queste (malpagate) attività. Il risultato di queste politiche e relazioni istituzionali è che la nostra società dipende dai capricci e i voleri di una piccola minoranza che in materia di bisogni di base come la casa ha la precedenza sulle classi medie e i lavoratori. In altre parole, il nostro sistema finanziario e le nostre leggi sulla proprietà alimentano un feudalesimo economico che vive di rendita. Da quando la nostra società è diventata una plutocrazia che ruota attorno alle ambizioni di una casta, il sistema non risponde più alle responsabilità democratiche, è incapace di affrontare questioni sistemiche che vadano oltre ciò che serve a produrre profitti. Ma visto che in questa società le élite di potere e di censo dipendono dalla schiavitù del debito, perché non usare questo debito per far leva contro di loro? Il sistema distrugge le basi ecologiche e sociali della ricchezza e del benessere intergenerazionale. E l’unico modo per cominciare davvero a risolvere pacificamente questo intreccio di crisi è lo sciopero generale del debito, delle tasse e del lavoro.

Per protesta contro questo sistema assurdo e corrotto che ci governa, ho creato il mio mini piano di salvataggio. Alcune decine di migliaia di dollari saranno donate a varie comunità. Molte delle iniziative e delle attività a cui ho donato sono ancora attive, alcune sono addirittura diventate importanti istituzioni comunitarie come gli orti urbani. Sono pronto ad accettare le conseguenze sul piano personale; la sopravvivenza collettiva dipende dalla creazione di società che siano democratiche, economicamente eque e ecologicamente fattibili. È vergognoso che si vada a colpire chi aspira a un’attività nel settore sanitario, chi vuole diventare sociologo, storiografo, giornalista, ingegnere o insegnante più che non quelle élite incompetenti e corrotte che hanno preso in giro la nazione conducendola verso la crisi sistemica per i propri guadagni personali. La loro ipocrisia assoluta riguardo i fatti di Gaza denuncia al mondo il fallimento morale delle nostre classi di potere. Fanno leggi contro ciò che resta della libertà di esprimersi e associarsi, pregiudicando alla base l’impianto delle leggi internazionali sui diritti umani approvate per evitare proprio fatti come quelli che si stanno svolgendo in Palestina. Da parte mia avranno solo disprezzo e crediti in sofferenza. Pensate quel che volete di me, ma voglio ribellarmi contro questo sistema corrotto crudele e immorale prestando aiuto agli altri. Se ciò che riceviamo è ciò che diamo, allora noi diamo tutto.

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