Di Eric Fleischmann. Originale pubblicato l’otto luglio 2022 con il titolo Laurance Labadie’s “Comments on Interview Between Kerry Thornley and Harry Pollard on ‘Dialogue’”. Traduzione di Enrico Sanna.
Commento di Laurance Labadie all’intervista concessa da Kerry Thornley a Harry Pollard su Dialogue
Forse è ingiusto commentare le idee in fatto di economia espresse dal signor Kerry Thornley in mezz’ora di programma radiofonico, ma credo che, se aggiungiamo che appoggia esplicitamente le idee di Ludwig von Mises e Murray Rothbard, abbia detto abbastanza da dimostrare che in materia di valore ha come minimo le idee confuse. Il valore secondo Marx è una qualità esplicita di un bene economico la cui misura è data da quello che lui definisce quantità di lavoro socialmente necessario occorso alla produzione di tale bene e che è incorporato in esso. Sulla base di questo concetto un prodotto potrebbe essere venduto al di sopra o al di sotto del suo valore, il che è ridicolo. Prima di determinare il valore di qualcosa occorre che avvenga uno scambio. E tale valore può oscillare per varie ragioni.
Il signor Thornley rigetta la teoria del valore di Marx, che lui chiama teoria oggettiva del valore, sostenendo invece che il valore è il prodotto di una valutazione soggettiva. Potrei anche condividere la sua critica di Marx, ma quello che dice è solo una mezza verità. Il valore di qualcosa è rappresentato da ciò che si può ottenere in cambio. Ma prima di arrivare allo scambio le due parti devono riflettere a fondo su ciò che stanno andando a scambiare. Occorrono almeno due riflessioni soggettive, dopodiché dev’esserci un accordo sullo scambio, e solo allora si può accertare il valore, ovvero soltanto allora possiamo dire che il valore esiste. Il fatto è che il valore è un concetto sociale, non una semplice valutazione individuale.
Se poi entrano in gioco più produttori e più venditori, la concorrenza tra loro tende a dar vita ad un accordo di portata più generale riguardo il potere di scambio di un qualunque bene economico. Questo potere di scambio viene solitamente espresso in qualche unità di valore concordata. È chiaro quindi, sulla base di ciò, che né Thornley né Marx offrono una spiegazione convincente di come si forma il valore.
Possiamo concordare con Thornley quando dice che il valore è una stima psicologica che dipende dalle valutazioni e dai desideri delle singole persone. Quello che Thornley non vede è che la valutazione fatta da una persona dipende dalle circostanze. Una persona assetata potrebbe non dare qualunque cosa per un bicchiere d’acqua se si trova in riva a un fiume liberamente accessibile. Ma se qualcuno, col sostegno dello stato, reclama la sua proprietà del fiume, e se questo qualcuno notando le condizioni critiche del possibile cliente chiede un giorno di lavoro in cambio di un bicchiere d’acqua, probabilmente l’otterrebbe. Visto che per l’assetato un bicchiere d’acqua fa la differenza tra la vita e la morte, la sua condizione pesa eccezionalmente sulla sua valutazione personale del bicchiere d’acqua. Per Thornley invece, dato che entrambe le persone fanno una valutazione sulla base di un giudizio soggettivo, uno scambio del genere è equo semplicemente perché c’è l’accordo di entrambi.
Se questo rispecchia il suo ideale di laissez-faire la cosa è piuttosto sorprendente visto che Thornley si considera un “anarchico” sostenitore del libero commercio. L’errore di Thornley sta nel non considerare affatto le circostanze di base in cui produzione e scambio hanno luogo. L’ingiustizia di fondo sta nel dichiarare la proprietà (o esclusività privilegiata) di qualcosa che nessun uomo ha creato, ovvero le risorse naturali e la terra; lasciamo perdere poi il secondo privilegio, ancora più importante, che consiste nel negare al produttore la possibilità di emettere una sua moneta o un suo strumento di credito. Qualche gareggiante è stato azzoppato, ma per Thornley l’importante è che tutti partecipino alla gara liberamente. Secondo Thornley, Rothbard e Mises, qualunque scambio è equo se sui termini c’è l’accordo delle parti. Quando loro dicono che nessuno è costretto a partecipare allo scambio, quando scartano o non valutano le circostanze che spingono le parti a fare le loro cosiddette stime soggettive necessarie allo scambio, stanno evadendo la questione, che poi è un sistema comodo e sicuro per non fare i conti con l’ingiustizia economica del potere costituito.
Quando l’80% delle risorse mondiali appartiene all’uno o due percento della popolazione, e chi produce viene spremuto da istituzioni finanziarie monopolistiche, non esiste nessuna libertà finanziaria. Qualcuna di queste eminenze ha qualcosa da dire al proposito? E se glissano non è forse perché come fautori della libertà sono perfetti imbroglioni?
Commento di Eric Fleischmann
Giuro che non son riuscito a trovare questa “mezz’ora di programma radiofonico” tra l’economista politico georgista Harry Pollard e il cofondatore del Discordianesimo Kerry Wendell Thornley (noto anche come Khayyam Ravenhurst e Lord Omar), in cui quest’ultimo avalla la teoria del valore soggettivo della Scuola Austriaca. Comunque sia, lo scritto di Labadie intitolato “Commento di Laurance Labadie all’intervista concessa da Kerry Thornley a Harry Pollard su Dialogue”, si trova nel nº 3, volume 23º del 1967 e nella quarta edizione della pubblicazione A Way Out della School of Living. L’avallo di Thornley [alla Scuola Austriaca] non sorprende, data la natura fondamentalmente antiautoritaria e controculturale del Discordianesimo (cosa che lo rende maturo per il libertarismo e l’anarchismo), così come la sua enfasi sulla natura concettualmente soggettiva del mondo. Uno dei suoi tre principi fondamentali afferma che…
[è] solo l’idea di realtà ad essere diversa. La Vera realtà Autentica sta ad un livello più profondo rispetto al concetto. Noi guardiamo il mondo attraverso una griglia (i concetti). Filosofie diverse usano griglie diverse. Una cultura è un gruppo di persone con griglie molto simili. Vediamo il caos, ma riusciamo a trarre ordine facendo riferimento ai punti della griglia. L’ordine è in questa griglia.
Sono perfettamente d’accordo con il principio: in un’intervista a The Enrages spiego che un elemento fondamentale delle mie “influenze marxiane e materialistiche” sta nel fatto di considerare il materialismo storico una struttura che permette di capire un mondo in gran parte caotico e incomprensibile. L’approccio discordiano, però, con il suo approccio antidialettico, risulta troppo idealistico se Thornley arriva a rinunciare a un’analisi del contesto economico per sposare una teoria del valore soggettivo puro.
Ma Labadie non critica la teoria del valore di Thornley in senso marxista. Fortemente contrario sia al marxismo che alla sua teoria del valore del lavoro (TVL), Labadie offre una critica in senso mutualistico. Dice: “data la libera concorrenza, ovvero un libero ed equo accesso ai mezzi di produzione, alle materie prime e ad un mercato senza restrizioni, il prezzo di ogni cosa tenderebbe a riflettere il lavoro occorso nella produzione. In altre parole, il lavoro diventa il fattore principale della valutazione del valore.” Come detto, questo per molti versi anticipa la teoria del valore del lavoro così come è interpretata oggi da Kevin Carson, secondo il quale “in un’economia a proprietà diffusa, come quella che si sarebbe realizzata se il libero mercato avesse potuto svilupparsi senza il suo enorme carico di ingiustizie, la preferenza temporale influirebbe unicamente sul calcolo che il lavoratore fa del proprio consumo attuale in rapporto al consumo futuro. Ma tutto il consumo, attuale e futuro, sarebbe indubbiamente risultato del lavoro.” Come Labadie, anche Carson tiene conto dell’elemento soggettivo del valore, ma, come spiega il Center for a Stateless Society, “la teoria marginalista della Scuola Austriaca dovrebbe essere un’integrazione all’economia politica classica (teoria del valore del lavoro), non fare teoria a sé.”
Tornando specificamente allo scritto, Labadie spiega che parte indispensabile della “libera concorrenza, ovvero di un equo e libero accesso ai mezzi di produzione, alle materie prime e a un mercato senza restrizioni” che porti alla teoria del valore del lavoro, è la “libertà finanziaria”. E altrove scrive: “il credito mutuo, o qualunque altra ‘forma’ di credito circolante proposto da me o da altri, potrebbe non essere parte essenziale dell’anarchismo, ma sicuramente lo è la libertà bancaria”. In questo caso Labadie segue il pensiero di uomini come Benjamin Tucker e William B. Greene, soprattutto quando approva il credito mutuo. Carson definisce così questa tattica: “qualunque gruppo di persone potrebbe fondare una banca di credito mutuo e emettere credito monetizzato sotto forma di banconote sostenute da un collaterale qualunque, e l’accettazione di queste banconote come moneta diverrebbe la condizione necessaria per partecipare al sistema.” Altro aspetto della “libera concorrenza” così come è delineata in questo commento è, come detto, “il libero ed equo accesso ai mezzi di produzione… [nonché] alle materie prime.” Questo è un punto fermo dei libertari di sinistra in quanto, come spiega Bas van der Vossen nella Stanford Encyclopedia of Philosophy, “[p]oiché le risorse naturali non sono create né prodotte, secondo l’opinione dei libertari di sinistra il loro valore in qualche modo è di tutti[.] Questa proprietà comune del creato è alla base di certi limiti alla sua appropriazione e uso.” Agli occhi dei libertari di sinistra di oggi, c’è il fatto che una posizione come quella di Labadie, unita a concetti come l’unione del lavoro con la terra, la sua occupazione e il suo utilizzo, e le idee di Elinor Ostrom, informa l’attuale pensiero riguardante i beni comuni organizzati secondo i principi del libero mercato. Come si può leggere nell’antologia The Anatomy of Escape: A Defense of the Commons, pubblicata dal Center for a Stateless Society.