Di Alex Aragona. Originale: Different Kinds and Degrees of Private Censorship Matter, del 13 aprile 2021. Traduzione di Enrico Sanna.
Le libertà di pensiero, di credo, di opinione e di parola possono, in qualche modo, essere soggette a norme e controlli da parte di privati. In un mio articolo precedente, esprimevo alcune mie opinioni sulla questione, spiegavo come il potere privato possa arrivare a influenzare il mercato delle idee. L’intento principale non teneva conto dei diversi gradi della censura privata. Lo faccio qui, a completamento del primo saggio, con un excursus sui vari livelli di attenzione da dedicare ai diversi generi di censura.
È vero che i decisori privati (almeno in gran parte dell’occidente) non operano pensando che possono mandare la polizia contro chi viola le loro norme, né reclamano il diritto di regolare quello che ognuno dice in qualunque luogo. Si limitano a stabilire arbitrariamente quali persone, gruppi, argomenti o contenuti possono comparire sui loro spazi o sulle loro piattaforme. Sulla carta, le loro decisioni non vanno oltre. Una persona cacciata via da una festa, migliaia di persone bandite da Facebook, giornali popolari che rifiutano certe opinioni, intere sacche della società che ostracizzano qualcuno, tutto ciò è una questione di libertà di associazione in ambito privato. Ma se da un lato questi esempi rientrano tutti nella stessa categoria, ciò che varia è il grado di potere e di influenza, oltre al genere di risultato potenziale.
Le preoccupazioni riguardanti il controllo degli spazi di dialogo e la censura dovrebbero essere proporzionali al grado di potere e di censura operante, che sia un potere pubblico o privato. Chi vuole un forte mercato delle idee deve tener conto del fatto che, se lo stato è il drago da temere (o da uccidere), questo non significa che grandi attori privati (come le aziende) e altri centri di potere non possano avere un impatto significativo sull’individuo e un’influenza spropositata sulla direzione del discorso e del pensiero pubblico. Quando si fa distinzione tra potere pubblico e privato spesso si sottovaluta il fatto che anche il secondo può esercitare una sua forma di controllo sulla direzione del discorso pubblico, sul pensiero nonché sulla possibilità dell’individuo di esprimersi liberamente. È vero che spesso le azioni sono giustificate, ma il privato che regola il diritto di parola e di associazione negli spazi privati (online o altrove) rappresenta una forma di censura, regolamentazione e controllo, anche se in forma diversa rispetto allo stato.
Per questo non basta limitarsi a distinguere tra politiche pubbliche e private. Dobbiamo anche riconoscere i diversi gradi di potere privato e il loro potenziale impatto sul discorso e sull’opinione pubblica, oltre che cercare di capire quando questo esercizio di potere diventa preoccupante.
La Censura Privata Minore
Forme minori di censura privata e di controllo degli spazi si hanno negli ambienti domestici, oltre, ovviamente, ad altri ambiti. Poniamo che io appartenga a un’associazione di mille fan del Nintendo. Il gruppo ha (gli spetta) il diritto di impostare regole e programmi sulle discussioni, stabilire chi può partecipare e chi no.
Qualcuno potrebbe non essere d’accordo con le politiche attuate a questo livello, ma questo non significa che è una forma di potere politico concentrato che può avere conseguenze negative di vasta scala in ambito sociale o culturale. Tanto più che è proprio a queste dimensioni che si può affermare, ragionevolmente, che chiunque non è d’accordo è libero di creare un suo spazio alternativo. Se qualcuno vuole uno spazio per parlare del Nintendo e fare propaganda di destra, è libero di farlo; ma fuori da questo spazio, altrove. Il mondo non crolla se la gente è libera di organizzarsi e associarsi. Qui valgono tutti i benefici del mercato delle idee e della libertà di associazione.
Le conseguenze generali di una censura o di un’esclusione da un gruppo del genere sono minime, specialmente perché il potere in gioco è relativamente non concentrato. Queste politiche, in ambiti minori, generalmente danno risultati migliori e più soddisfacenti per le parti coinvolte.
La Censura Privata Maggiore
La questione cambia quando cambiano le dimensioni e l’importanza del forum o dello spazio sottoposto a regole. Allo stesso modo cambia la nostra attenzione nei confronti del livello di potere e d’influenza in gioco. Qui il paragone con l’ambiente domestico è meno congruo e la questione più seria. Prendiamo Facebook. Una massa critica di persone lo usa come spazio per il discorso politico e culturale, per parlare, organizzare o altro. In molte società è parte importante del tessuto politico e culturale. Chi controlla le piattaforme, i forum, i media, o anche chi controlla tecnologie chiave come le infrastrutture delle telecomunicazioni, ha un potere che va ben oltre l’aggiornamento dell’interfaccia utente. Molte piattaforme influiscono sulla direzione del discorso, possono stabilire i limiti accettabili dell’opinione, influenzano direttamente o indirettamente il modo in cui si percepisce chi e cosa è credibile e degno di considerazione.
Purtroppo, quando qualcuno (o un gruppo) viene bandito, disconosciuto o censurato da una piattaforma ad opera di un decisore potente, chi approva corre spesso in difesa dicendo che si sta montando un caso sull’impatto culturale e sociale del fatto. Ma se è così, se l’impatto dell’esclusione non esiste o è minimo, perché allora molte di queste persone spesso segnalano chi vorrebbero che fosse escluso? Apparentemente, in questo caso molti pensano che l’esclusione non solo preservi l’integrità e la genuinità di un evento o di un circolo, ma funga anche da pronunciamento pubblico da parte di entità maggiori, come i social network, su questioni importanti o controverse, magari inducendo altri a pensare allo stesso modo o a cambiare la propria opinione su una data questione. Approvare una decisione perché si allinea con le proprie vedute evita però il punto chiave, ovvero: certe persone hanno il potere di influenzare o dirigere il discorso e il pensiero pubblico. Che questi potenti attori privati siano schierati con qualcuno è però alquanto dubbio. Chi oggi approva un atto censorio, domani potrebbe ritrovarsi censurato a sua volta e allora sarebbe lui a strillare, e magari più degli altri. Dobbiamo cominciare a chiederci se per caso il livello raggiunto da tale potere concentrato non cominci a diventare problematico in una società che aspira a raccogliere i frutti di un discorso pubblico ad ampio spettro.
Ovviamente, questo potere privato, questo controllo della parola, della libertà di associazione e degli spazi esercitato su vasta scala non agisce nel vuoto, e non è mai interamente un male. È un potere che spesso pone necessari limiti ad altre forme di potere privato, e in certi casi anche al potere pubblico. E se teoricamente questa censura privata, diciamo così, all’ingrosso, può portare a risultati fortemente problematici, c’è però da dire che, nel bene o nel male, l’impatto è limitato allo spazio in questione.
Ma non sempre è così.
Censura e Controllo di Classe e Istituzionale
È bene valutare positivamente i benefici delle politiche private di attori maggiori senza però dimenticare che questo grado di potere politico e d’influenza è molto più forte di quello che potrebbe avere un singolo individuo o un piccolo gruppo. Questi decisori e le loro politiche, inoltre, sono per molti versi al riparo da critiche esterne, e questo talvolta può creare problemi. Inoltre, gli effetti spesso escono dai confini delle piattaforme e influenzano la nostra cultura. Ci sono operatori chiave di certe industrie, settori, cerchie sociali o altro le cui decisioni si ripercuotono a valanga su quelle che sono a tutti gli effetti politiche programmatiche e normative.
Gli atti privati di un decisore maggiore dotato di potere d’influenza economica e sociale possono toccare direttamente o indirettamente altre persone, soprattutto chi, per ragioni d’affari o per interessi sociali, è in linea con loro. Quelli che per predefinizione non si adeguano alla politica del decisore sono perlomeno avvertiti. Non si tratta di un complotto coordinato (anche se potrebbe esserlo), ma di una sorta di ordine emergente fortemente influenzato da chi ha più potere sociale e più potere d’influenza rispetto agli altri. Non è difficile trovare esempi noti di cose come le liste nere industriali, che sono una forma di censura, un modo di dissociarsi spesso subdolo. Il modo in cui si impostano certe regole, gli accordi taciti tra persone e istituzioni potenti e influenti toccano spesso ogni aspetto di un settore industriale. Un esempio è dato da tutta quella valanga di elementi di destra che prima sono stati banditi da una piattaforma sociale, poi gradualmente da altre, e per finire hanno probabilmente perso l’accesso a fondi e donazioni rese possibili da altre piattaforme, il tutto scatenato dal potere sociale e d’influenza di chi ha iniziato la catena.
Ancora una volta devo constatare che molti non si preoccupano, come dovrebbero, quando politiche o regole portano a risultati che loro condividono. È bene capire che il livello non è più quello di una discussione a pranzo, qui dovremmo essere fortemente preoccupati. Finire in una lista nera o subire una qualche forma diffusa di discriminazione non è come quando qualcuno ti caccia via da un piccolo club privato o da una casa e ti intima di non parlare più di certi argomenti. Censure diffuse e dissociazioni possono avvenire in punti chiave del paradigma sociale di una cultura distruggendo la vita di qualcuno; e questo si può fare senza decreti governativi o normative ufficiali. Basta la decisione di un privato. In molti casi si giunge a situazioni simili a causa perlopiù del potere e dell’influenza che certi attori o certe istituzioni hanno rispetto ad altri, non tramite un qualche processo democratico o di mercato come spesso si dice.
È ovvio che il potere privato imposta il suo programma privato, che può essere in netto contrasto con quello che la società ritiene giusto. Questa tacita intesa, questa norma per cui le persone che esercitano un potere soffocano certe verità fattuali e morali è ciò di cui parla George Orwell nella sua introduzione, mai pubblicata, a La fattoria degli animali:
“L’aspetto inquietante della censura letteraria in Inghilterra è che si tratta di un fenomeno in gran parte volontario. Le idee impopolari possono essere messe a tacere, e i fatti sconvenienti tenuti nascosti, senza una censura ufficiale.
“Chiunque abbia vissuto a lungo all’estero saprà che certe notizie clamorose, che di per sé meriterebbero nove colonne, vengono tenute nascoste dalla stampa britannica non per l’intervento dello stato ma per via di un accordo tacito per cui ‘non sta bene’ citare quel fatto particolare. La stampa britannica è fortemente centralizzata, perlopiù è proprietà di magnati che hanno tante ragioni per tacere su certi argomenti importanti. Lo stesso tipo di censura velata la ritroviamo poi in libri e periodici, così come a teatro, nei film e alla radio.”
Direttamente con decreti e ingiunzioni, o influendo sulla direzione della tacita intesa e delle norme, quelli che hanno abbastanza potere sociale e economico hanno i mezzi per far capire che chi non rispetta il pensiero “corretto” ne subirà le conseguenze. E le conseguenze vanno ben oltre l’impossibilità di accedere ad una certa piattaforma per pubblicare i propri meme, ma vanno dalla perdita del lavoro al marchio a vita come paria o buoni a nulla ad opera di persone in grado di influenzare l’opinione pubblica o di altri potenti. È così che una censura rigida e pericolosa può pervadere interi settori o ambiti della nostra esistenza. E tutto ciò senza l’aiuto dello stato; anche se lo stato spesso ne trae beneficio.
Molti ridono quando a prendere le bastonate sociali sono persone di destra o razzisti, ma le parti potrebbero invertirsi.
Censure e Controlli Sociali e Culturali
Ad un certo punto la discussione non riguarda più neanche la possibilità di avere un certo lavoro, pubblicare una propria opinione, gestire una piattaforma in cui esprimere le proprie idee politiche o guadagnare l’accettazione di un certo settore economico, ma più fondamentalmente riguarda l’accettazione o meno delle proprie opinioni e del proprio comportamento nella società civile. È bene riflettere su una cosa: gran parte del consenso sociale percepito risulta, è vero, dal sentire e dalle conclusioni di ognuno, ma su queste percezioni giocano un ruolo importante le concentrazioni di potere privato.
In certi casi, quando la censura privata si inserisce nel contesto più ampio cavalcando l’onda del progresso, appare confortante, per molti che già concordano con un certo pensiero, pensare che ciò che vedono non è altro che il grandioso meccanismo di una sorta di mercato sociale e intellettuale in azione. Altrimenti, come potrebbe esserci progresso sociale da una generazione all’altra? Tanto più che quando i risultati sono giudicati positivamente, l’idea è che questi risultati siano una sorta di autocensura interiorizzata condivisa da tutti, continuamente supportata, per certi versi, dalle persone e dalle norme che ci circondano.
In molti casi è più che certo che un certo comportamento relativamente nuovo è il risultato di qualche sorta di cambiamento culturale che finalmente emerge e si impone. Questo è particolarmente vero se il cambiamento ha impiegato molto tempo ad affermarsi. Ma ci sono tante verità che restano entro una cerchia ristretta di amici (o magari famigliari). Per esempio, quando si dice che gli Stati Uniti sono un impero militare economico il cui potere in atto e la cui influenza a livello mondiale producono, in molti casi, migliaia di morti e inutili sofferenze, tanti, o perlomeno alcuni, approvano. Ma c’è anche chi dice che gli Stati Uniti rappresentano una forza del bene, magari soggetta a qualche passo falso e danno collaterale ma dopotutto animata da buone intenzioni. Ci sono ottime ragioni per pensare che questo non è il risultato spontaneo di un libero scambio di opinioni e di valutazioni colte; si direbbe invece che sia il risultato di una serie di presupposti e di verità scontate inculcate da istituzioni radicate o da personaggi influenti che fungono da agenti culturali, come la scuola convenzionale e l’industria mediatica.
Raramente censore e censurati godono di pari condizioni. Per questo la distinzione tra censura pubblica e censura privata è solo una parte del discorso. Oggi come oggi, chi possiede strumenti potenti che permettono di censurare e di irrompere sulla libertà di associazione è tale perché possiede un potere socio-economico concentrato e quindi gode di una posizione forte grazie a traffici aziendali o statali. Il fatto che una persona si trovi in sostanziale accordo con questi decisori o che ne apprezzi l’impatto culturale è una questione di giudizi di valore. Che la situazione possa ribaltarsi producendo lo stesso impatto con la stessa forza è l’aspetto inquietante da prendere in considerazione.
Man mano che le istituzioni private crescono in dimensioni e in potenza, cresce anche il controllo che esse esercitano sull’opinione pubblica. Storicamente, sappiamo che poteri privati e tendenze sociali non sempre sono stati benevoli con l’opinione delle minoranze. Sappiamo che grandi aziende e mass media trovano conveniente allinearsi con un’opinione sociale relativamente liberale, talvolta agendo di conseguenza. E sappiamo anche che ci sono minoranze vulnerabili che prima o poi subiranno un ostracismo sociale e culturale per le loro opinioni non proprio in linea.
Che certe persone e entità debbano avere il diritto di servirsi del proprio potere non è l’alfa e omega di ogni discussione riguardante la censura privata, chi la esercita e quali effetti sortisce. Dato il clima attuale, tutti vorrebbero una facile soluzione, anche approssimata, comprimibile in un tweet, che spieghi esattamente come comportarsi davanti a cose come la censura privata e il controllo dell’espressione e degli spazi di dialogo. Il fatto è che una risposta semplice non esiste. Una società radicalmente liberale non può stabilirsi con un certo insieme di regole e andare avanti così senza problemi o ripensamenti per l’eternità. Deve mantenersi in equilibrio, lottare per esprimere al massimo grado il proprio potenziale al fine di realizzare i propri valori di fondo. Il minimo che possiamo fare, nel caso attuale, è non sottovalutare il problema del sistema di potere semplicemente perché non è lo stato. Il fatto che si tratti di persone o istituzioni “private” non deve offuscare le nostre idee su questa censura che ha effetti non solo sulle persone censurate, ma anche sul pubblico dibattito e sulla libertà di pensiero.