Di Travis Rodgers. Originale pubblicato il 24 giugno 2018 con il titolo Institutions as Corrupted Promises. Traduzione di Enrico Sanna.
La promessa, ovvero la decisione di dedicare a qualcuno la propria opera o le proprie risorse, rappresenta il punto più alto dell’impegno morale. Ma la promessa rivela con la massima chiarezza il nostro impegno profondo solo quando è spontanea e incondizionale. Vedere le istituzioni sociali in termini di promesse permanenti significa evidenziarne gli aspetti auspicabili ma anche porre le basi per una loro critica.
Le promesse sono accordi in cui si stabilisce di dare (o esimersi dal dare) qualcosa in cambio di qualcos’altro. Le promesse differiscono nell’adempimento: alcune promesse sono immediate e richiedono un adempimento immediato; altre sono differite e richiedono un adempimento futuro. Alcune sono indefinite, possono comportare ripetuti tentativi o ripetuti soddisfacimenti. Una promessa può anche mettere in relazione parti diverse: una promessa può mettere in relazione una persona con un’altra tramite le azioni, oppure può mettere in relazione una persona di un certo “genere” (una persona con un certo ruolo o in una certa situazione) con una di genere diverso. Qualche esempio può essere d’aiuto.
Promessa binaria immediata: Immaginiamo due persone, A e B, che condividono un appartamento. Fare i piatti stasera tocca a A, ma ha un appuntamento ed è in ritardo. A chiede a B di fare lui i piatti e in cambio promette che li farà lui le prossime due volte che toccherà a B. A ci guadagna in opportunità, mentre B ci guadagna perché per una sera non dovrà fare i piatti. Oltre a queste considerazioni consequenziali, la promessa presenta considerazioni non consequenziali: mantenere una promessa dimostra dedizione. Facendo i piatti, A dimostra di apprezzare il valore di B e della sua amicizia.
Promessa indefinita e permanente: Immaginiamo che un gruppo di persone che condivide un appartamento faccia: quando uno di loro cucina, quelli che mangiano devono fare i piatti. Questa promessa introduce una relazione di “ruolo”: chi mangia (primo ruolo) deve fare i piatti per chi cucina (secondo ruolo). Chi mangia può essere “esentato” astenendosi dal mangiare. Chi cucina può essere esentato non cucinando per gli altri. Mangiando, si accetta implicitamente la promessa permanente di fare i piatti. Le parti si scambiano pranzo e lavoro e facendo così possono dimostrare la loro dedizione ai buoni rapporti.
Le istituzioni, in quanto pratiche sociali, hanno tra le caratteristiche fondamentali quelle riportate nel secondo esempio. Secondo tali promesse, qualcuno con Ruolo 1 (R1) fa qualcosa per qualcuno con Ruolo 2 (R2) al momento opportuno. Queste promesse sono espressamente indefinite: di R1 e R2 è specificato unicamente il ruolo, i termini si riferiscono a persone particolari solo quando le promesse sono applicate nello specifico. Anche l’aspetto temporale è indefinito: “al momento opportuno” potrebbe significare “molte volte”, “una volta” o “fino alla morte”.
Se la tassazione è un’istituzione, allora qualcuno (R1: un contribuente) fa qualcosa (paga un ammontare A in tasse) a qualcun altro (R2: il fisco) al momento opportuno (la scadenza fiscale). Se l’ammontare delle tasse arriva al fisco, allora le tasse rappresentano, entro questi limiti, un bene. Molte istituzioni sono associate ad un bene, ma ci sono altri beni, o mali, o altre considerazioni che possono prevalere su questi beni. I soldi delle tasse, ad esempio, forniscono beni a certe categorie, e per certe attività, che il contribuente può ritenere inaccettabili. A volte i soldi dei contribuenti fanno più male che bene, o esprimono valori negativi. Come certi interventi dello stato che forniscono, allo stesso tempo, assistenza medica e attacchi aerei contro innocenti.
Il fatto che il pagamento delle tasse sia, nella migliore delle ipotesi, ciò che Aristotele definirebbe un’azione “confusa”, al contrario di un’azione interamente volontaria, rende le istituzioni, così come esistono negli stati industrializzati, più odiose di tante promesse fatte con riluttanza (anche se legittimamente)[1]. Non sostenere la tassazione significa spesso non accettare gli scopi a cui le tasse sono (o sarebbero) destinate, pur accettando gli stessi scopi su base volontaria. Ad esempio, si può essere a favore della donazione volontaria (anche come dovere morale) ma contro la ridistribuzione imposta dallo stato.
Questa componente coercitiva delle istituzioni rende grottesche cose altrimenti positive. Quando B, nell’esempio di prima, accetta di fare i piatti al posto di A, il suo comportamento dimostra il valore dell’amicizia. Immaginiamo invece che B sia costretto a tener fede alla promessa proposta da A pena persecuzioni, multe, la possibilità di finire in galera o violenze inflitte da persone armate. Il fatto che B faccia i piatti appare ora come un tradimento del suo impegno altruistico, sarebbe assurdo dire che la sua azione è indice di profonda dedizione morale.
Se le istituzioni somigliano a promesse permanenti, allora è probabile che facciano del bene. Ma i costi sono di due tipi, probabilmente pesanti. Primo, le istituzioni nella realtà empirica sono sproporzionatamente più dannose per chi ha meno possibilità di opporsi. Secondo, spesso le istituzioni promuovono valori che gli individui coinvolti non condividono, obbligando questi ad una sorta di tradimento morale di se stessi.
Nota:
1. Lysander Spooner osserva che “Tutti gli stati, i peggiori e i più tirannici, sono liberi agli occhi di chi li sostiene volontariamente” (La Costituzione Senza Autorità). Spooner parla della componente volontaria, ma solo le nostre azioni volontarie dichiarano la nostra essenza morale.