Debiti di Epoca Coloniale e Libertà Bancaria

[Di Wishal Wilde. Originale pubblicato su Center for a Stateless Society il 2 giugno 2016 con il titolo Colonial-Era Debt and Free Banking. Traduzione di Enrico Sanna.]

Il fatto che paesi in via di sviluppo debbano pagare tassi di interesse usurari sul debito sovrano, le cui origini risalgono all’epoca coloniale, è un’ingiustizia dovuta alla natura oppressiva dei regimi imperialistici di allora. Uno però si chiede: perché non è possibile andare in default su questi debiti di epoca coloniale? La risposta solita è che così si danneggerebbe il rating del paese con conseguente fuga di capitali, collasso della moneta e, infine, rovina economica e finanziaria. Io invece sostengo che ciò può accadere solo nel regime di monopolio monetario imposto dalla maggior parte dei governi mondiali tramite leggi fiscali, corsi forzosi, legislazioni commerciali e finanziarie. In un regime di Libertà Bancaria, in cui ogni attore sarebbe veramente libero di scegliere tra diverse monete, diventerebbe possibile andare in default su questi debiti ingiusti.

Immaginiamo che un paese in via di sviluppo vada in default sul proprio debito di epoca coloniale. La risposta standard è che così danneggerebbe il suo rating e dunque gli sarebbe impossibile attingere a prestiti dai mercati finanziari internazionali in futuro. Questo porterebbe sicuramente ad una fuga precipitosa di capitali, renderebbe la moneta nazionale (relativamente) inutile per il pagamento dei debiti, o anche per il commercio interno, e dunque porterebbe ad un disastro socio-economico devastante per gli abitanti. Perciò molti pensano che i governi dei paesi in via di sviluppo soggetti a questi debiti non abbiano “alcun controllo” sullo status quo. Ma a vedere bene la cosa queste appaiono sciocchezze.

Per prima cosa, questi paesi spesso accettano soltanto tasse pagate con la moneta emessa dalla propria banca centrale (imponendo così un monopolio monetario). Questo significa non vedere realizzati i benefici che vengono dall’avere accesso a diverse monete (che si tratti di benefici commerciali ottenuti tramite accesso ad una varietà di tassi di scambio o benefici sul mercato del credito derivanti dal miglioramento del rating, ad esempio). A rafforzare ciò sono spesso le leggi sul corso forzoso (la cui rigidità e interpretazione varia da una giurisdizione all’altra) che possono inibire, o anche impedire, il commercio con monete diverse.

Immaginate un sistema i cui attori hanno accesso a monete diverse, così che possono commerciare, assumere prestiti, risparmiare, investire e così via, e di conseguenza ottimizzare la specificità delle loro preferenze individuali e eterogenee. In un tale scenario, il governo di un paese in via di sviluppo potrebbe realisticamente andare in default sul debito risalente all’era coloniale e, pur con la sua affidabilità in dubbio, i suoi abitanti potrebbero utilizzare altre monete e continuare a vivere normalmente anche nel caso in cui la moneta emessa dal loro stato dovesse collassare. Poiché gli abitanti potrebbero continuare a commerciare normalmente, raccogliendo nel commercio e nel mercato del credito i benefici associati all’uso di diverse monete, nascerebbe la possibilità di emettere altre valute indigene. Insomma, il pagamento del debito non è solo nell’interesse degli stati-nazione creditori ma degli stati-nazione debitori, dal momento che questi ultimi hanno interesse a mantenere il regime di monopolio monetario imposto.

In breve, una vera Libertà Bancaria che dia luogo alla possibilità di scelta tra una varietà di monete potrebbe permettere alle persone di superare ingiustizie storiche e di conseguenza mitigare la povertà, la disuguaglianza e le diatribe che dividono la società, e che il passato colonialista aiuta a perpetuare. In questo senso la Banca Centrale, istituzione storicamente imposta dallo stato e protetta dalla legge (al contrario di un sistema bancario scelto liberamente) serve a perpetuare ingiustizie che durano dall’epoca coloniale. L’errore non sta solo dalla parte dei governi dei paesi sviluppati ma anche dei governi dei paesi in via di sviluppo, e questo porta ostilità tra le popolazioni e funge da grosso ostacolo alla pace, alla prosperità e alla cooperazione.

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