Di recente, la Casa Bianca ha annunciato che Obama ha approvato un piano per mandare 450 nuovi soldati in Iraq per combattere Isis. Queste “truppe” non sono truppe operative. Al contrario, avranno un ruolo di consiglieri per assistere le forze armate irachene.
Se credete a questa storia vuol dire che avete un minestrone al posto del cervello.
Sono passati quattro anni da quando gli Stati Uniti hanno “ufficialmente” ritirato le truppe di terra dall’Iraq, ma come riporta la CNN, “Ci sono attualmente 3.050 militari americani in Iraq, 2.250 dei quali supportano le forze di sicurezza irachene, 800 sono addetti alla protezione del personale e delle strutture, 450 addestrano le truppe irachene e 200 ricoprono ruoli di consigliere e assistente.”
Vi sembra che per le forze armate americane la guerra in Iraq sia finita? Vi sembra forse che improvvisamente i contribuenti americani non saranno più derubati a tutto beneficio del complesso militare e industriale? Vi sembra che, in un paese dilaniato dalla guerra (grazie, e non poco, all’America), 450 soldati abbiano davvero la possibilità di scegliere se combattere o meno?
E poi non capisco come si possa controllare l’attività di questi uomini: se davvero si atterranno al ruolo di “consiglieri”. Può essere che qualcuno decida di andare fuori e sparare qua e là. Come facciamo a saperlo? O può essere che qualcuno venga di fatto convertito in operativo a causa dell’imprevedibilità di questi paesi distrutti dalla guerra. Molte sono le domande sulla trasparenza che non trovano risposta.
Per di più, come fa notare il National Journal, appena due giorni prima dell’annuncio Obama aveva ammesso di non avere una “strategia completa” riguardo l’addestramento delle forze irachene nella guerra contro Isis. E allora perché mandano altre truppe?
In passato, Obama ha giustificato il rifiuto di inviare altre truppe operative dicendo di non voler fare quello che gli iracheni dovrebbero fare da sé. Se è così, perché allora manda questi consiglieri?
Alla base, c’è una questione di forza militare e demenza. La resistenza a rete di Isis, così temibile e crudele, ha dimostrato, più e più volte, la sua capacità di sconfiggere le forze militari irachene e di superare in astuzia l’assistenza americana. Io non so quale sia la migliore risposta militare, ma mi sembra da sconsiderati ripetere sempre le stesse mosse. Nello specifico, i militari stanno cercando di opporre la loro forza centralizzata ad un’organizzazione terroristica decentrata basata su cellule connesse a rete. Davvero credono che a questo punto la storia starà dalla loro parte?
Anche il generale a tre stelle in pensione Michael Flynn, molto più qualificato di me, ha dichiarato che “non esiste una chiara politica americana per quanto riguarda l’Iraq e la Siria”. E dunque torniamo alla domanda: cosa pensa di ottenere Obama mandando altre truppe in Iraq?
In fin dei conti, però, a Obama bisogna riconoscere qualche merito, seppure a denti stretti. Basta pensare che nel 2007 c’erano più di 170.000 militari, e che oggi si sono ridotti a 3.000: questo, secondo me, è da elogiare.
Ma c’è un rischio. Il rischio che l’atteggiamento riguardo questi 3.000 soldati, e il dibattito attorno a loro, verta unicamente su cosa debbano fare e non sul perché siano lì. Ed è probabile che a quest’ultima domanda Obama e i suoi uomini di stato non risponderanno tanto facilmente.