Contro la Giustizia Penale, I: Niente Pena Mai

Di Jason Lee Byas. Pubblicato il 16 novembre 2020 con il titolo Against the Criminal Justice System, Pt. I: No One Should Ever Be Punished. Traduzione di Enrico Sanna.

Pubblicato originariamente sul blog Students for Liberty il 25 agosto 2015.

Mentre dolore, sofferenza, costi della giustizia penale statunitense vanno alle stelle, crescono le richieste di riforma. Perfino il governatore del Texas, Rick Perry, che un tempo dichiarava di non avere remoreper questioni come la pena di morte, comincia ad appoggiare la riduzione delle carceri.

Quello che servirebbe, però, oggi più che mai, è qualcosa di più profondo di una semplice riforma della giustizia penale: serve l’abolizione. Occorre abolire il sistema penale, compreso quel sistema schiavistico chiamato “carcere”, e fondare un sistema basato sulla difesa e il risarcimento.

Ognuno di questi argomenti – abolizione del sistema penale, sostituzione con un puro sistema della responsabilità civile basato sul risarcimento e la difesa, abolizione delle carceri – richiede un esame attento. Questo articolo è il primo di una serie. Cominceremo spiegando perché un libertario dovrebbe opporsi alla pena[1].

Il libertarismo[2] parte distinguendo tra uso accettabile e uso non accettabile della violenza sulla base della semplice intuizione. In situazioni normali, pensiamo che la violenza sia giustificata solo come autodifesa, e che anche questa debba essere limitata da considerazioni di proporzionalità. Se io voglio ucciderti, e puoi fermarmi solo uccidendomi, sei giustificato. Se ti do noia puoi mandarmi via, ma non uccidermi, neanche darmi un pugno. Se ho rubato il tuo televisore, puoi riprendertelo con la forza, perché tenendo il tuo televisore commetto un atto di aggressione continuata.

Ora, quest’atto di non aggressione è in conflitto totale con l’atto del punire. Mentre la difesa e il risarcimento – esigere una compensazione da parte dell’aggressore per risarcire il risarcibile alla vittima – sono giustificati dalla necessità di porre fine alla violazione dei diritti, così non è nel caso del sistema punitivo. La punizione va oltre la difesa e il risarcimento[3], infligge all’aggressore una pena che non ha nulla a che vedere con la necessità di fermare un atto di aggressione. La pena diventa così essa stessa un’aggressione. Nell’ottica libertaria, giustificare la pena non può che significare giustificare la violenza.

Deterrenza e riabilitazione

Spesso la punizione, o pena, è giustificata come dissuasione. Che può essere generale, ovvero la punizione dei criminali al fine di dissuadere altri dal fare lo stesso; oppure specifica, ovvero si punisce un particolare criminale al fine di dissuaderlo dal commettere un altro crimine.

Forse un libertario pro-pena potrebbe appellarsi alla necessità della dissuasione. Dopotutto, se la difesa giustifica legittimamente la violenza, e la dissuasione protegge da future aggressioni, allora un libertario può legittimare la violenza sulla base della necessità di dissuadere.

Ampliando il concetto di difesa alla dissuasione si arriva a conclusioni assurde. Se la dissuasione giustifica la violenza, allora giustifica anche la punizione di innocenti.

Nel caso della dissuasione generale, basta che una persona sia considerata colpevole, non che abbia veramente commesso un crimine. Perché se una persona è innocente di fatto, ma è ritenuta colpevole, con la sua punizione si avrebbe comunque un effetto di dissuasione generale. Se non accettiamo questa punizione, dobbiamo dire che la dissuasione sociale non giustifica di per sé la violenza.

Se si tratta di dissuadere, basta che la punizione dissuada qualcuno dal commettere un crimine in futuro, che abbia realmente commesso un crimine non importa. Immaginiamo un mondo in cui la dissuasione vada un po’ oltre: se si pensa che una persona sia “sulla cattiva strada”, pur non avendo commesso alcun crimine, viene tenuta in galera per qualche mese (giusto per dargli una lezione). Se la dissuasione specifica legittimasse la violenza, allora questa pratica sarebbe perfettamente legittima.

La stessa critica potrebbe essere fatta contro la punizione a fini riabilitativi. Se è legittimo mettere un criminale in carcere per riabilitarlo, perché non fare lo stesso prendendo a caso dalla strada[4] quelle persone che potrebbero in futuro commettere un crimine?

La giustizia retributiva

Altro problema è che la dissuasione e la riabilitazione non offrono le basi della proporzionalità. Cioè non spiegano perché la pena debba “essere adeguata al crimine”, qualunque cosa s’intenda con ciò. Per questo, molti sostenitori della pratica punitiva optano per la compensazione. Credono che chi ha commesso un crimine meriti di subire un crimine uguale, così da riportare in equilibrio la bilancia della giustizia. Un grosso pregio è che i criteri della proporzionalità qui sono molto chiari e precisi: occhio per occhio. Allora è bene spiegare l’ingiustizia dell’eccesso di pena.

Analizzando il concetto di proporzionalità insito nella giustizia retributiva, vediamo che le conclusioni non sono migliori di quelle a cui ci hanno condotto la dissuasione e la riabilitazione. La giustizia retributiva, ad esempio, dice che non solo è lecito, ma anzi è doveroso uccidere violentemente un assassino violento, e così lo stupratore dovrebbe essere stuprato a sua volta, e gli aggressori aggrediti. Secondo il principio della giustizia retributiva, davanti a certe esecuzioni barbare che procurano una morte atroce non dovremmo provare orrore, ma soddisfazione per l’effettivo ristabilimento della giustizia.

Tornando all’ottica libertaria, è chiaro che la proporzionalità offerta dalla giustizia retributiva non è esattamente quella proporzionalità che andiamo cercando. In un caso tipico di conflitto interpersonale, consideriamo legittima la violenza soltanto finché è necessaria a proteggere noi stessi o altri da un’aggressione. Se cerco di darti un pugno, tu puoi fermare la mia mano, bloccare le mie braccia, o fare qualunque altra cosa al fine di difenderti dal mio pugno. Quello che non puoi fare, secondo noi, è darmi un pugno alle spalle dopo che ti ho dato un pugno e sto andando via. Ci sono casi in cui una reazione del genere appare comprensibile, ma non è moralmente permessa, meno che mai è permesso quel genere di cose che scaturiscono direttamente da una richiesta di giustizia. In fatto di violenza interpersonale siamo chiaramente contro la giustizia retributiva.

Non farla franca

Allora eliminare la pena significa non far nulla davanti ad un’aggressione? No, significa solo non rispondere con la pena. Il criminale dovrebbe essere costretto a rifondere la vittima, così da recuperare il recuperabile. Questo degrada di fatto il diritto penale a diritto civile. Nel prossimo articolo analizzeremo il significato di questa rivoluzione.


Note

[1] Con “punizione” o “pena” intendo l’uso istituzionale della violenza vendicativa contro un criminale, in risposta ad un suo crimine ma non in difesa da una sua particolare aggressione, né mirata a rifondere il danno alla vittima. Ovviamente, sulla pena si propongono e si sostengono tante teorie, e qui lo spazio è limitato. Io mi limito ad esaminare quelle ragioni per cui la pena, in particolare nell’ottica libertaria, è considerata illegittima. A chi volesse approfondire le tante altre ragioni addotte dai filosofi del diritto raccomando la lettura di The Problem of Punishment di David Boonin. Un attacco contro la pena, meno elaborato ma ugualmente persuasivo, si trova in The Structure of Liberty: Justice & the Rule of Law di Randy Barnett, e Anarchy & Legal Order: Law and Politics for a Stateless Society di Gary Chartier.

[2] Non tutto quello che scrivo qui ovviamente si applica alle convinzioni di tutti i libertari. A scanso di malintesi, non sto dicendo che un libertario che non basa la propria fede sul principio della non aggressione non è libertario. Sto solo prendendo i libertari fedeli al principio di non aggressione come esempio paradigmatico.

[3] Da notare che “difesa e risarcimento” sono in realtà piuttosto ridondanti. Il risarcimento è giustificato dal fatto che l’aggressore, avendo privato la vittima di qualcosa di suo (il denaro), si trova ad essere in debito con questa.

[4] Questo è ciò che accade, in una certa misura, con il trattamento sanitario obbligatorio. Ma la riabilitazione, intesa come giustificazione della pena, portata alle sue logiche conclusioni porterebbe ad un’applicazione pratica molto, molto più ampia di quanto non accada ora.

Anarchy and Democracy
Fighting Fascism
Markets Not Capitalism
The Anatomy of Escape
Organization Theory