[Di Kevin Carson. Originale pubblicato su Center for a Stateless Society il primo novembre 2016 con il titolo Open Source Revolution Circumvents Capitalist Monopoly. Traduzione di Enrico Sanna.]
Come fa notare l’amico Charles Johnson di C4SS, aggirare l’autorità statale e il monopolio capitalista è molto più efficace economicamente che fare lobbismo e spingere per le riforme. A confermarlo, una volta di più, la notizia di progetti di hardware open-source che offrono una versione economica di due dispositivi vergognosamente cari: la pompa insulinica EpiPen e il tomografo.
La Open Source Imaging Initiative punta “a sviluppare un tomografo a risonanza magnetica che sia economico da assemblare, operare, mantenere e riparare, con tutta la documentazione, liberamente disponibile a tutti secondo gli standard dell’hardware open-source.”
Su Activist Post, Brian Berlectic (“EpiPen goes from $300 to $30 to $3 with Opensource and 3D Printing,” 11 ottobre) nota che, invece del finto oltraggio dei politici verso la EpiPen, “forse era più efficace una dimostrazione pubblica fatta da un gruppo di hacking faidatè su come trasformare un autoiniettore acquistato in un normale negozio in una EpiPen funzionante, chiamata EpiPencil.” Fabbricare uno di questi prototipi costa 30-40 dollari; ma sostituendo le parti in plastica acquistate con altre stampate in 3-D il costo potrebbe scendere a 3 dollari. Il design non è ancora adatto agli espositori da negozio, ma le possibilità sono eccitanti.
Berlectic nota come questi progetti hardware “rappresentino il mezzo più sicuro per obbligare stato e aziende a fare il loro dovere, non chiedendo loro di fare quello dovrebbero già fare, ma costringendoli a cambiare il loro atteggiamento se non vogliono finire fuori dal mercato, sostituiti da alternative open-source e, in ultima istanza, da un paradigma completamente alternativo.” Attivismo significa partecipare ad un progetto, ma significa anche “rimboccarsi le maniche e creare con le proprie mani il cambiamento che si vorrebbe vedere nel mondo.”
Johnson (“Counter-Economic Optimism,” Rad Geek People’s Daily, 7 febbraio 2009) ha notato lo stesso principio nel 2008 riguardo le leggi sul copyright. È vero che le regole sul copyright contenute nei software proprietari e formulate dalle industrie sono più draconiane che mai, dice, ma le condizioni sul campo favoriscono più che chi vuole ignorare le leggi e copiare il materiale protetto.
Se dirigete sforzi e speranze verso una riforma legislativa, “scoprite che chi ha più soldi, più accesso ai media e più conoscenze vi frega come nulla.” È così “perché il sistema è stato creato per loro e da loro.” Lobby e riforme hanno un grosso rapporto costi-ricompense.
In termini di costi e benefici è molto meglio aggirare la cosa. “Una legge che non può essere applicata vale quanto una legge che è stata abrogata, ed è lì che stiamo andando, ogni giorno, sempre più rapidamente, per quanto riguarda i loro monopoli intellettuali e i privilegi legali custoditi gelosamente.”
Immaginate cliniche zonali consorziate che condividono tomografi e altre strumentazioni open-source, che utilizzano versioni open-source della EpiPen, cannule, flebo e altro, tutto stampato localmente in stamperie 3-D, versioni piratate di medicinali brevettati prodotte in laboratori faidatè, tutto a costi che sono una frazione dei costi attuali dell’assistenza sanitaria fornita dal sistema monopolistico stato-corporativo, e pagato da società come quelle di mutuo soccorso operaio comuni tra l’Ottocento e gli inizi del Novecento.
Quando lo stato finanzia la sanità, come nel caso di Medicare Part D e l’Affordable Health Act, non fa altro che lasciare intatti tutti i monopoli capitalistici protetti dallo stato (brevetti, ordini professionali, barriere all’ingresso e freni alla concorrenza tra giganti burocratico-ospedalieri) e aiutare i più poveri ad acquistare l’assistenza sanitaria a prezzi monopolistici enormemente gonfiati. Ma il problema primo è proprio il prezzo monopolistico della sanità: le rendite insite nella “proprietà intellettuale”, le licenze, i costi della burocrazia. E lo stato non farà mai nulla per risolvere questi problemi perché il suo compito principale consiste nel difendere i diritti artificiali di proprietà con cui le classi abbienti estraggono rendita. Aggiungete a ciò che i dirigenti delle agenzie governative che fanno le regole e chi dirige le grandi aziende sono sostanzialmente le stesse persone, vanno avanti e indietro tra un’istituzione e l’altra.
Governi, aziende e altre grosse istituzioni non rappresentano né noi né la nostra volontà. Invece di rimanere qui a farci succhiare il sangue, faremmo meglio a creare istituzioni nostre, frutto della cooperazione, e farci servire da loro.