Matrimonio per Gioia e per Profitto

[Di Logan Glitterbomb. Originale pubblicato su Center for a Stateless Society il 4 luglio 2016 con il titolo Marriage for Fun and for Profit. Traduzione di Enrico Sanna.]

Non è un segreto che molti tra i libertari, gli anarchici, i socialisti radicali, le femministe e i sostenitori della libera scelta sessuale siano, nella migliore delle ipotesi, critici verso l’istituzione matrimoniale. Come cerimonia patriarcale, le sue radici affondano, tra l’altro, in una visione distorta del diritto di proprietà, nel legame storico con l’autoritarismo della chiesa e dello stato che decidono chi può sposarsi (decisione che qui in America contempla anche le leggi sulla “purezza razziale”), nella lunga, triste serie di persone intrappolate in una lunga relazione fatta di abusi; tutto ciò dà adito a critiche, perciò non stupiscono le analisi fatte dai radicali. Ma oggi voglio parlare dei tanti benefici e privilegi legati al matrimonio come istituzione, il loro significato nella vita quando si cerca di sopravvivere nella nostra attuale realtà politica.

Cosa è il matrimonio e perché è così importante per tantissimi? Si tratta di una semplice cerimonia religiosa e/o culturale per giurarsi fedeltà per la vita davanti a Dio, davanti al proprio partner e/o davanti ai propri cari? Se è così, perché lo stato ne è coinvolto? Bè, perché lo stato, come la chiesa, vuole dire la sua su chi è adatto al matrimonio e, di conseguenza, su chi può procreare. Ma lo stato è necessario? No. In molte parti del mondo, un matrimonio basato sulla legge comune, su una cerimonia religiosa privata, o semplicemente su una dichiarazione personale di fedeltà, può costituire matrimonio legalmente vincolante senza autorizzazione da parte dello stato, che in questo caso si limita a registrare il fatto. Ma è anche necessario che lo stato sappia? Seguendo il pensiero di Emma Goldman, Voltairine de Cleyre e altri, davvero l’istituzione statale del matrimonio equivale ad amore?

Bè, apparentemente il matrimonio può definirsi in due modi che a volte si intrecciano. Il primo è il matrimonio per gioia, romanticismo e fedeltà. Poi c’è il matrimonio per profitto, un’istituzione dello stato che usa il suo potere monopolistico per garantire legalmente il matrimonio ed elargire benefici e privilegi a chi si conforma.

Matrimonio per Gioia

Se molte femministe e teorici della libera scelta sessuale propongono altre forme di matrimonio, e cercano di ridefinire completamente l’attualmente dominante relazione eteronormativa e cisnormativa, pochi sono quelli che sostengono che persone che si amano, non importa quante e come, non si possano unire giurando spontaneamente fedeltà reciproca o anche celebrando il tutto con una cerimonia. Finché stato o chiesa non si infilano tra parti deluse da una relazione che non soddisfa le loro attese, la soluzione diventa un arrangiamento perlopiù spontaneo soggetto ai problemi a cui sono soggette gran parte delle relazioni umane vista l’imperfezione dell’uomo.

Il matrimonio può essere gioioso. Se tu e il tuo compagno volete esprimere il vostro amore reciproco di fronte a testimoni, bene. Siate creativi. Praticate il matrimonio di gruppo, create nuove cerimonie basate su nuove o vecchie religioni, o su nessuna, oppure fatelo per tenere viva la vostra cultura e le vostre tradizioni di fronte al colonialismo. Qualunque sia la ragione, però, non c’è ragione per coinvolgere lo stato. È questo il bello: il matrimonio per gioia è sempre stato una scelta valida per chi non si cura di chiedere il permesso alla chiesa o allo stato.

Allora perché, viste le tante critiche contrarie, il matrimonio è da tanto tempo l’ideale dei principali movimenti per i diritti dei gay? Perché molti concentrano i propri sforzi su comunità che organizzano campagne propagandistiche più pratiche e utili, rivedendo allo stesso tempo la definizione della famiglia tradizionale e delle relazioni in genere, siano esse romantiche, sessuali o platoniche, mentre altri lottano per il riconoscimento statale del matrimonio gay come uno dei principali obiettivi del movimento dei “diritti civili”? Bè, a parte una politica incentrata sulla domanda di assimilazione e rispetto (argomento per un’altra volta), tutto si riduce ad una sola cosa: benefici.

Matrimonio per Profitto

Citando Emma Goldman:

“Il matrimonio è soprattutto un arrangiamento economico, una polizza. Differisce dall’ordinaria polizza sulla vita solo perché lega più strettamente, è più esigente.”

In America, con oltre mille benefici, diversi da stato a stato, legati all’istituzione del matrimonio, come assistenza medica, benefici per il superstite, diritto all’eredità, diritto di visitare il partner in ospedale, agevolazioni fiscali, diritto all’affidamento, cittadinanza, con tutto ciò non sorprende scoprire che il matrimonio è considerato un toccasana in molte circostanze critiche. Sono ben noti i casi di matrimoni per l’ottenimento del permesso di soggiorno o dell’assistenza sanitaria o altro. Si sa anche di persone non eterosessuali che si uniscono con persone eterosessuali in un matrimonio di facciata per ottenere l’assistenza sanitaria. Data l’attuale politica che pone numerose barriere d’accesso a questi benefici, in casi individuali il matrimonio risulta una scelta vantaggiosa per la sopravvivenza.

Ma questo è il punto importante da tenere a mente: non è una questione di riconoscimento da parte dello stato, ma di benefici. Il fatto è che sono benefici che spettano a tutti a prescindere dallo stato civile, le scelte sessuali o il tipo di relazione (o non relazione). Non dovremmo essere puniti perché abbiamo più rapporti, perché siamo singoli o non sposati. Il matrimonio gay ha conquistato l’accesso a questi privilegi soltanto per quanto riguarda una piccola parte della comunità: chi voleva essere come tutte le altre coppie eterosessuali e monogame. Ma a tutti quelli che per qualche ragione non si sposano, gay o no, ancora spetta l’assistenza sanitaria, la cittadinanza e praticamente tutti gli oltre mille benefici. Lottiamo per far sì che questi diritti spettino a tutti i soggetti, non solo a quelli che seguono il percorso preordinato, spesso assurdo, impostato dalla tradizione.

Allora sposiamoci per gioia. E già che ci siamo non facciamolo sapere allo stato. Ma ricordiamoci anche che il ricorso al matrimonio di stato è una tattica che serve a sopravvivere in un mondo in cui gran parte di profitti e dei benefici sono pilotati in modo che restino nelle mani di pochi. Finché non toglieremo lo stato dalle nostre vite, sarà una questione di sopravvivenza. Per questo dobbiamo lottare: per mettere fine al matrimonio istituzionale e allo stesso tempo non biasimare chi lo usa per sopravvivere.

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