Il dieci marzo, i giurati di un tribunale di Los Angeles hanno imposto agli autori Pharrell Williams e Robin Thicke il pagamento di 7,3 milioni di dollari alla famiglia di Marvin Gaye. Secondo i giurati, una canzone di successo di Thicke e Williams, “Blurred Lines”, ha violato il copyright di una canzone di Gaye del 1977, “Got to Give It Up”. Sia Thicke che Williams hanno ammesso di essere stati influenzati da Gaye per quanto riguarda “Blurred Lines”, ma hanno negato di aver copiato intenzionalmente.
Questo non è il primo caso in cui una canzone popolare è finita in tribunale per violazione del copyright. Tra gli imputati del passato ci sono i Radiohead, i Beatles, i Led Zeppelin, Avril Lavigne, Coldplay, Johnny Cash, George Harrison, Rod Stewart e i Flaming Lips. In un caso particolare, l’ex uomo di punta dei Creedence Clearwater Revival, John Fogerty, fu denunciato perché una delle sue canzoni somigliava troppo ad una che lui stesso aveva scritto per il suo vecchio gruppo.
La musica pop fa un uso così massiccio degli stessi accordi, giri di basso e sequenze ritmiche che trovare un brano che non somigli ad un altro è un’impresa. Il confine tra influenza e copiatura è ugualmente confuso; i video mash-up che miscelano brani simili sono molto diffusi su internet, di solito accompagnati da commenti che dicono che questo o quell’artista ha copiato da quell’altro. In ultima istanza, tutta la musica pop è un derivato, e la differenza tra copiatura e influenza è una questione sfumata.
La pratica di garantire monopoli sotto forma di copyright su certe combinazioni musicali crea problemi. Il copyright restringe la libertà di espressione, fa salire i costi della creatività e permette a certe persone di campare per decenni sfruttando opere dei loro antenati a spese della popolazione. Marvin Gaye era un cantante, compositore, produttore e strumentista eccezionale. Il suo assassinio è indubbiamente una delle più grandi tragedie del mondo musicale americano. Ma questo non giustifica il monopolio dei suoi discendenti sui giri di basso usati da lui 38 anni fa.
Dopo la multa multimilionaria, l’avvocato della famiglia Gaye, Richard Busch, spera ora di bloccare la vendita di “Blurred Lines”. Anche se non è facile difendere una canzone accusata di banalizzazione del sesso, bloccarne la vendita è un’evidente violazione della libertà di espressione. La fama di grande musicista americano che spetta a Marvin Gaye non è stata compromessa da alcuni musicisti minori che hanno imitato, o anche copiato, le sue opere. Se non altro, la popolarità di “Blurred Lines” dovrebbe aver svegliato l’interesse dei giovani per la musica di Gaye.
Lasciare che i musicisti prendano liberamente da brani del passato amplia al massimo la libertà creativa e tiene in vita il passato. Oggi il copyright è sempre meno applicabile. Con internet lo scambio libero di informazioni è così facile che lo stato non può farci nulla. Per lo stato, far rispettare il copyright significa mettere in atto azioni sempre più intrusive, costose e draconiane.
Chi guarda al futuro, come i Radiohead e i Death Grips, si è già adattato al nuovo clima mettendo in commercio i propri brani a prezzi dettati dai consumatori. L’industria dell’intrattenimento è costretta a adattarsi al nuovo flusso di informazioni, di cui ha perso il controllo. La speranza è che questa ritrovata libertà di informazione porti ad una libertà creativa.