[Di Kevin Carson. Originale pubblicato su Center for a Stateless Society il 15 febbraio 2017 con il titolo Lessons from the Practice of Basic Income. Traduzione di Enrico Sanna.]
Marcus Brancaglione. Lessons from the Practice of Basic Income: A Compendium of Writings and Data. Edited by Bruna Augusto. Translated by Monica Puntel, Leonardo Puntel, Carolina Fisher (São Paulo, 2016).
Questa è una raccolta di scritti di Marcus Brancaglione, presidente di ReCivitas (Istituto per la Rivitalizzazione della Cittadinanza), di cui Bruna Augusto, che ha curato la raccolta, è l’amministratore delegato. Tra le attività di ReCivitas elencate nel sito leggiamo: “strutturare la proprietà intellettuale”, “nuovi prodotti per gli investimenti sociali”, e “architettura delle piattaforme di governance”; dalla brutta traduzione dal portoghese all’inglese fatta da Google Translate: ReCivitas è in parte una sorta di file, o piattaforma, grossomodo della stessa area di La Indias, e in parte è impegnata in un municipalismo basato sui beni comuni del tipo adottato dagli attivisti di Barcellona.
A Quatango Velho, in Brasile, Brancaglione ha co-gestito un progetto pilota finanziato collettivamente sul reddito di base incondizionato. Il progetto ha dato 30 real al mese ad un centinaio di soci della comunità per cinque anni.
Brancaglione precisa che il reddito di base non è una semplice ridistribuzione ma, cosa importante, “serve a restituire diritti naturali e una fondamentale protezione della libertà contro lo sfruttamento del lavoro alienato”, e “soprattutto, serve a liberare dalla dipendenza dallo stato e dalla servitù politica, e dunque dà potere politico-economico soprattutto agli emarginati senza diritti.”
Oggi più che in passato, è chiaro che la povertà è un problema più politico che socioeconomico. Povertà “non significa solo carenza relativa di certe condizioni economiche, ma anche e più generalmente assenza di libertà politica, economica e culturale.”
Brancaglione rifiuta la definizione neoliberista della povertà come problema individuale e non strutturale, definizione che si affianca alla celebrazione della “libertà di scelta”, espressione che indica le scelte dei consumatori entro i parametri strutturali offerti dal capitale monopolistico e dallo stato.
Brancaglione viene da una tradizione di libero mercato di sinistra, che vede nel capitalismo un insieme di caratteristiche strutturali garantite dallo stato a beneficio delle classi che vivono di rendita. Capitalismo e socialismo di stato sono varianti di un sistema in cui i pochi dominano sui tanti; entrambe le varianti, secondo l’autore del libro, sono aliene al “libero mercato”.
Brancaglione fa distinzione, forse con reminiscenze georgiste, tra ricchezza legittima e proprietà privata da un lato, e la natura come bene comune di tutti dall’altro. Alcuni tipi di proprietà, come la terra e le risorse naturali, sono di diritto comuni a tutti e non possono essere proprietà personale; altre, come il frutto del lavoro individuale, sono giustamente proprietà privata inviolabile. Non può esserci vera libertà se esiste un potere diseguale sui beni comuni. Non c’è libero mercato, definito come relazione volontaria negoziata tra parti di eguale potere, se i guadagni provenienti dalla proprietà comune, che dovrebbero essere distribuiti come dividendo sociale per favorire l’indipendenza individuale, vengono presi da qualcuno mentre chi non ha diritti di proprietà è costretto a lavorare alle dipendenze di chi si è appropriato del bene della società.
Brancaglione pensa che sia compito dello stato offrire un reddito di base: “è compito di chi controlla il territorio, i suoi abitanti e il bene comune.” Ma quando lo stato latita, e le risorse finanziarie pubbliche sono state appropriate da privati, “nessuno può evitare che la popolazione si prenda, volontariamente e mutuamente, la responsabilità di fornire un reddito di base.” Ovviamente, dicendo volontariamente non intende dire che il reddito deve essere un atto caritatevole proveniente dalle contribuzioni dei poveri; al contrario, fa capire che una delle cose che lo stato non ha il diritto di “impedire” è che i beni naturali comuni, di cui si sono impossessati alcuni privati, siano espropriati dalla società per finanziare un reddito di base, se lo stato non provvede da sé. La popolazione ha un “diritto naturale a quelle proprietà comuni alienate e date in possesso [allo stato nazione] e alle imprese private.”
L’influsso georgista si vede dalla distinzione tra “governo” e “stato” e da come tratta stati e possidenti terrieri come diverse versioni dello stesso fenomeno. Come (con tendenze panarchiche) si vede qua:
Le repubbliche libertarie del futuro saranno società senza stato o, più precisamente, società libere da monopoli nazionali e corporativi privati sul bene comune e la proprietà privata naturale. In futuro, i governi coesisteranno pacificamente nello stesso territorio come società cooperative di gestione in competizione tra loro, agiranno solo dopo accordo non solo nello stesso luogo, ma anche contemporaneamente.
Brancaglione propone un programma dal sapore fortemente anarchista fatto di comunità locali federate che aggirano lo stato per creare una contro-economia, e che si appropriano delle risorse illecitamente espropriate per finanziare un reddito di base.
In termini semplici, io propongo la costituzione di piccole comunità, interamente orizzontali, aperte e interconnesse fino a formare una rete di sicurezza sociale senza frontiere, finanziata direttamente da fondi messi su da associazioni di cittadini, senza limiti geografici, con investitori sociali in tutto il mondo. Investitori che possono investire nell’economia reale di queste comunità, villaggi, città con un enorme capitale umano e sviluppo potenziale, piuttosto che in stati falliti e banche in putrefazione. Le attuali comunità povere e diseredate… che col tempo potrebbero non solo pagarsi il proprio reddito di base, ma anche diventare investitrici o fornitrici di un reddito di base in altre parti del mondo. Persone, società che, a differenza di quel che accadeva nei vecchi sistemi insostenibili, violenti e monopolizzanti il possesso, potrebbero finalmente tornare ad avere ciò che è effettivamente loro, riprendere il controllo delle terre e dei territori, e dunque della propria sovranità politica, come persone con diritto generale all’autodeterminazione.
Quest’idea, di comunità radicalizzate e federate orizzontalmente che soppiantano stato e corporazioni, ricorda il municipalismo libertario di Bookchin e le città ribelli di Harvey.
L’esperimento di Quatango Velho conferma un tema comune tra i sostenitori del reddito di base: non scoraggia affatto ma rafforza l’impegno e l’iniziativa. “…Le opportunità, soprattutto quando si hanno i mezzi per trarne vantaggio, fanno crescere libera iniziativa e capacità imprenditoriali, al contrario delle privazioni, che non solo le riducono, ma le paralizzano.”
Brancaglione combina una moltitudine di argomenti congeniali del libertarismo di sinistra in modi che sono nuovi e interessanti. Vale la pena scoprirli.